
Già fatto? L’eiaculazione precoce
Già fatto? E’ la frase che nessun uomo vorrebbe sentirsi dire dalla propria partner alla fine di un incontro amoroso. Eppure questa situazione è purtroppo ricorrente in almeno il 40% dei rapporti sessuali con la propria partner abituale e supera il 70% nel caso di un rapporto occasionale.
Forse ancora più frustrante del deficit erettile, l’eiaculazione precoce è stata finalmente considerata una patologia dalla fine degli anni 60. Per i nostri nonni infatti il numero e la velocità dei rapporti sessuali coincideva spessissimo con il concetto universale di “virilità”: molti rapporti = molti figli = alta auto ed altrui stima. Le donne subivano (e ancora subiscono!) passivamente le “performances” del “maschio” di casa, come uno dei tanti “doveri” acquisiti con l’indissolubile contratto matrimoniale, al pari del cucinare, lavare, cucire ed accudire la prole.
Poi è arrivato il ’68, con l’emancipazione della donna, l’emancipazione sessuale ed il sacrosanto diritto ad una sessualità compartecipe e soprattutto appagante e non più passiva.
E per l’eiaculatore precoce è stata una tragedia.
Additato al pubblico ludibrio femminile si è reso finalmente conto di non essere mai stato adeguato, con i suoi “tempi ristretti”, al soddisfacimento del piacere femminile ed ha cercato di correre ai ripari.
Ma ahimè a quei tempi la precocità dell’eiaculazione era ancora considerata una condizione “transitoria”, esclusivamente psicologica e risolta anche dai medici dell’epoca con una pacca consolatoria sulle spalle di quei pochi ardimentosi che avevano il coraggio di affrontare seriamente il problema piuttosto che isolarsi con le proprie frustrazioni alimentate dall’ennesima figuraccia.
Con il successivo progresso della ricerca si è capito che l’eiaculazione rappresenta di per se un fenomeno fisiologicamente ancora più complesso della erezione e presuppone una completa integrità anatomo-funzionale tra il sistema nervoso centrale, il periferico, i neuromodulatori e le strutture muscolari.
La sua precocità rappresenta un fenomeno di frequente riscontro nell’ambito andrologico, tanto che statisticamente risulta essere il secondo motivo di consultazione dopo il deficit erettile. Spesso sottaciuta o sottostimata si pensa esserne affetto circa il 23% della popolazione maschile,causando un disturbo importante sul benessere psichico e sociale non solo di chi ne è affetto ma anche della partner abituale influendo negativamente e talvolta drammaticamente sul rapporto di coppia. La sua etiologia riconosce cause organiche e psicologiche. La forma psicogena si evince con la esclusione di forme organiche: una visita dallo specialista esperto, una spermiocoltura o degli esami strumentali non invasivi, ci consentono una corretta impostazione terapeutica. Tra i farmaci di più comune utilizzo si annoverano gli ansiolitici, gli alfa-inibitori, gli antidopaminergici, gli antiserotoninergici. Quest’ultima classe di farmaci consente la soluzione del problema nella maggioranza dei casi, restituendo alla coppia quella armonia sessuale che è il naturale fondamento della stabilità della stessa.
Basta prendere il coraggio di affrontare e risolvere il problema sbarazzandosi della vergogna di parlarne con l’andrologo di fiducia, evitando di credere di essere gli unici al mondo a soffrirne.



